La strana coppia, la scrittura e me, parte seconda
Ha incontrato quella “persona” termine pare
di origine etrusca che significa maschera teatrale, appunto perchè non credo si possa attribuire altro che questo sostantivo e non è importante specificare il sesso. È una maschera appunto e come tale si approccia purtroppo.
Dicevo quindi che l’ha incontrata per la prima volta in un negozio di generi alimentari qualche anno fa, di quelli che cominciavano a nascere per avvicinare anche la gente comune a prodotti di una certa qualità senza però avere prezzi da gourmet.
Non ricorda bene dove fosse, forse Segrate, ma comunque uno di quei centri molto popolosi
dell’hinterland milanese.
Il negozio si trovava in quello che doveva essere il centro, con la sua chiesetta e un piccolo parco giochi per i bambini, sotto i portici di una abitazione.
Abbastanza ampio con qualche tavolino all’interno e scaffali in metallo nero e i ripiani di legno chiaro che esponevano una serie di prodotti che andavano da ogni tipologia di riso della zona del Vercellese, ai biscotti di produzione propria e anche una discreta cantina per lo più proveniente dal Trentino e Franciacorta.
Insomma, era piacevole girare, leggere le etichette, specialmente sulla varietà del riso e scoprire per esempio che il riso Baldo è ideale sia per risotti che i timballi; per lei Baldo era sempre stato un fumetto o un gioco giapponese del Nintendo delle sue figlie.
Era molto incuriosita da questo posto e anche dai suoi proprietari che avevano fatto un investimento importante per cercare di far conoscere prodotti del nostro territorio di ottima qualità.
Una coppia giovane, lui non molto alto ma con un fisico asciutto con qualche accenno di grigio nei capelli aveva una camicia nera e un jeans con un grembiule legato intorno alla vita, di quelli corti però.
Lei, alta come lui capello corto castano con qualche schiaritura color rame che ingentiliva ancora di più l’incarnato bianco; con lo stesso abbigliamento del marito quasi fosse una divisa che voleva identificare il locale come giovane, dinamico ma al tempo stesso familiare.
Quasi stona anzi senza il quasi, l’ambiente, i proprietari e la “persona” e potrebbe nascere nel lettore la curiosità di sapere chi è.
Da una descrizione molto raffazzonata, è un tipo basso, con occhiali con montatura quadrata nera e lenti abbastanza spesse da far intendere una forte miopia, capello rado semi corto o semi lungo, non si capisce, è solo non curato.
L’importante specificare però che i suoi occhi non guardano mai l’interlocutore, sembra sempre sfuggente, quasi a non voler farti capire chi è veramente.
Di quelle che si possono definire con una vita un po’ nascosta, non necessariamente illegale, una sorta di sottobosco come lei lo definisce; del suo privato non si sa nulla ma è abile a insinuarsi nella vita della vittima, ahimè inconspevole, prescelta.
Persona poco empatica e sgradevole al suo occhio attento, quella che quando la incontri dovresti scappare a gambe levate quando senti il cattivo odore.
E lei la puzza l’aveva sentita da subito.